LA SUPERCOMPENSAZIONE: COS’E’ E COME SFRUTTARLA

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Dopo una allenamento molto intenso o una gara estenuante, hai sicuramente bisogno di recuperare le energie. La supercpompensazione può tripicarle.

Vediamo di cosa si tratta e come puoi utilizzarla a tuo vantaggio per ottenere la tua migliore prestazione di sempre. La supercompensazione è’ la capacità del nostro organismo di ripristinare il normale quadro ormonale e strutturale,  in seguito ad uno stimolo allenante (fase della compensazione) e successivamente raggiungere un adattamento più alto rispetto al punto di partenza (supercompensazione). Sostanzialmente ogni qualvolta un evento esterno perturba l’omeostasi del nostro organismo, questo reagisce con una forza uguale e contraria per ripristinare l’equilibrio perduto.

Il motivo per cui questo accade è affascinante. Per evitare di soccombere, il nostro organismo reagisce con un meccanismo tale per cui si prepara a subìre un eventuale altro attacco esterno, che potrebbe compromettere di nuovo il suo equilibrio. E sembra che si predisponga con un adattamento superiore all’intensità della perturbazione subìta, ma solo per un breve lasso di tempo.

I 2 fattori che influiscono sulla supercompensazione

I punti cardine per sfruttare a tuo vantaggio la supercompensazione in ambito sportivo, sono:

  • lo stimolo allenante
  • i tempi di recupero.

L’analisi dei carichi di allenamento  è diventata essenziale per tutti quelli che ricercano una performance d’elite. Il carico di allenamento può essere classificato come esterno o interno. Quello esterno è rappresentato dalle misure oggettive del lavoro svolto dall’atleta ( intensità, volume, velocità, accelerazione ecc..)

Quello interno è la somma degli stress fisici e psicologici imposti all’atleta durante l’allenamento o la competizione ed ha pertanto una componente soggettiva. La misurazione del carico interno subìto dall’atleta, avviene attraverso la valutazione dello sforzo percepito, il lattato ematico, gli indici di frequenza cardiaca, l’assorbimento dell’ossigeno.

Perché avvenga la supercompensazione, è necessario che il carico (esterno ed interno) raggiunga una soglia limite che si traduca in uno stress fisico importante.

La curva della supercompensazione

Sicuramente ti sarà capitato di vedere  il  grafico che traccia la famosa curva della supercompensazione.

In seguito ad un allenamento estenuante, la fatica determina un abbassamento repentino della variabile fisiologica impiegata nell’allenamento.

Successivamente, al punto 1 del grafico l’organismo ha già recuperato le “energie” iniziali.  Tra il punto 1 ed il punto 2, avviene il “miracolo” della supercompensazione, ovvero si assiste ad un incremento dell’ “energia” sopra i livelli basali.

E’ chiaro che se il nuovo stimolo allenante dovesse intervenire prima che l’organismo abbia completamente recuperato  la fatica (punto 1), la qualità della prestazione tenderà a diminuire sempre più. L’organismo, pertanto, inizierà ogni allenamento già stanco e senza un adeguato periodo di riposo, tenderà a raggiungere una fase di stallo.

Viceversa, il momento ottimale durante il quale inserire la successiva seduta di allenamento , è tra il punto 1 e il punto 2.

I limiti del grafico della supercompensazione

Il grafico della supercompensazione, gettonatissimo in  rete e tra i trainers, dovrebbe racchiudere in sé tutto quello che serve per non commettere errori nel somministrare i carichi di lavoro. Purtroppo non è così. Il grafico, infatti non spiega davvero nulla in termini quantitativi e quindi non può rispondere alle domande più importanti che ogni appassionato di sport e ogni allenatore si pone:

  • Quanto deve essere intenso l’allenamento?
  • Di quanto tempo ha bisogno l’organismo per recuperare la fatica?
  • Il recupero cambia a seconda del tipo di allenamento?
  • Ed infine, per quanto tempo è aperta la finestra della supercompensazione dentro la quale inserire il successivo stimolo allenante?

La tempistica di tutti i grafici che troverete in rete, compreso questa,  è del tutto arbitraria e quindi inventata. Per rispondere a queste prime domande, è necessario comprendere che esistono diversi tipi di fatica.

Per fatica intendo esattamente lo stress causato dall’allenamento (stressor), su una componente energetica e/o strutturale.

Se sei un bodybuilder potrai immaginare il recupero dalla fatica come la capacità del tuo organismo di ricostruire le proteine enzimatiche e strutturali  dei muscoli allenati. Cosi’ da poter programmare la successiva seduta di allenamento per quel distretto muscolare e così via.

Se sei un runner, dovrai preoccuparti di conoscere i tempi di recupero e quindi supercompensazione della deplezione di glicogeno muscolare e di rigenerazione mitocondriale.

Che cosa stressi quando esegui un allenamento estenuante?

Generalmente si individuano 5 variabili fisiologiche che vengono stressate durante gli allenamenti.

  1. Il Creatinfosfato
  2. Il glicogeno muscolare
  3. Le proteine enzimatiche e strutturali
  4. I fosfolipidi
  5. Il danno mitocondriale nelle fibre muscolari.

Ti riporto una tabella generica ma importante,  che inizia a dare un’idea delle diverse tempistiche di recupero a seconda del tipo di allenamento che ha generato l’affaticamento di uno dei cinque parametri sopra.

Calcola bene i tempi di recupero dell’allenamento

Dalla tabella, puoi immediatamente comprendere come ogni allenamento porta in sé la fatica di una o più parametri contemporaneamente.

Voglio dire che in un allenamento di corsa di 10 km, utilizzerai  molte delle tue riserve di glicogeno muscolare ed epatico e nel contempo avrai accumulato acido lattico ed alterato il tuo equilibrio elettrolitico.

In altre parole dovrai considerare diverse curve di compensazione c on diversi tempi di recupero prima di programmare il successivo allenamento di corsa.

La situazione si complica, come se non bastasse, se pensi che l’elemento soggettivo in questi casi è determinante.

E cioè che i tempi di recupero dipendono anche dalla tua genetica, dal sesso (sei maschio o femmina ?), dall’età, dalla tua alimentazione e dalla qualità del tuo sonno.

In ogni caso tutti gli addetti ai lavori sono concordi nel ritenere che  l’ATP è il parametro che viene immediatamente risintetizzato più o meno velocemente a seconda del meccanismo aerobico oppure anaerobico, utilizzato.

 

L’ATP

Come già saprai, l’ATP (Adenosintrifosfato) è la benzina dei nostri muscoli. E’ formato da una molecola di Adenosina e tre molecole di fosfato. I  legami tra i fosfati sono altamente energetici  e grazie alla rottura di questi legami, si libera l’energia necessaria per la contrazione muscolare.

In questo articolo ti parlerò, in maniera approfondita e sempre con studi scientifici alla mano, della curva della supercompensazione del Creatinfosfato ( o Fosfageno) e del glicogeno muscolare

Il Fosfageno

Chiamato anche  Creatinfosfato,  è una molecola organica ad alto contenuto energetico presente nei muscoli. L’enzima creatinchinasi idrolizza la molecola di Fosfageno  generando Creatina e ATP sfruttabile per uno sforzo intenso; la reazione è reversibile. Il sistema energetico del Fosfageno costruisce ATP per poter svolgere attività molto intense, senza  consumo di ossigeno e senza produzione di acido lattico.

La quantità di ATP preformata (già presente nei muscoli) e di Fosfageno, è però limitata e pertanto si esaurisce dopo 6”-8” di sforzo massimale. Il restauro delle riserve di ATP e Fosfageno muscolari, avviene in pochi minuti. Il particolare circa il 70% può essere ricostituito in 30 secondi, l’85% dopo 2 minuti e il 100% delle riserve di ATP e di Fosfageno è ripristinata dopo 8 minuti.

Un aspetto molto importante della dinamica del recupero del fosfageno, è il fatto esso abbia bisogno di ATP per essere rigenerato, che a sua volta è fornita dal sistema aerobico durante la fase di restauro (debito d’ossigeno)

Approfondisci l’argomento: ALLENAMENTO CORSA: LE CONSEGUENZE DI UNA PARTENZA A RAZZO

In altre parole, durante il recupero, l’ATP viene risintetizzato direttamente mediante l’energia liberata dalla demolizione dei nutrienti e attraverso il meccanismo energetico aerobico. Parte di questa ATP viene direttamente immagazzinata nei muscoli e parte serve per ripristinare il Fosfageno muscolare. Qundi il Fosfageno è risintetizzato indirettamente perché ha bisogno di ATP.

Importante: Non tutti  gli allenatori lo sanno

Voglio darti un’applicazione pratica di questo concetto: quando esegui delle ripetute intense con recupero attivo non troppo blando, stai di fatto bloccando il ripristino dei fosfageni e parte dell’ATP muscolare che invece si ricostruiscono con più ossigeno e più tempo a disposizione e cioè in condizioni di riposo statico (passivo). Ne consegue che lo stress indotto sul meccanismo lattacido, che rimane il target delle ripetute intense, è enfatizzato proprio dal blocco del ripristino di ATP e Fosfageni.

Il grafico mostra la dinamica del recupero del sistema ATP-PC con ossigeno, cioè da fermi, e senza ossigeno. Nell’esperimento da cui è tratto questo grafico, la circolazione verso i muscoli attivati è stata occlusa volontariamente.

Come vedi, all’inizio dell’esercizio esaustivo, c’è un crollo verticale delle riserve di ATP-PC.

Successivamente, se i muscoli che hanno prodotto lo sforzo massimale, ricevono ossigeno, il ripristino delle scorte  di Fosfageno e di ATP muscolare si rigenerano in pochi minuti ( linea rossa).

Se invece, non arriva ossigeno, come per esempio avviene parzialmente nelle fasi di recupero attivo, la rigenerazione delle riserve di ATP-PC è molto più lenta e quasi si blocca (linea rosa).

 Il Glicogeno muscolare

La seconda variabile fisiologica di cui voglio parlarti in questo articolo e che sicuramente ti interessa maggiormente è il glicogeno muscolare.

Se sei un runner agonista e sei alla ricerca di una prestazione d’elite, dovresti conoscere tempi e metodi di ricostruzione dell’energia che utilizzi in gara, ovvero il glicogeno muscolare.

Il Glicogeno è un polimero ramificato di glucosio che serve come deposito di energia  e si forma in casi di eccedenze alimentari. Mentre il glicogeno epatico (del fegato), è regolato da un’azione di feedback per la quale è rilasciato automaticamente nel sangue in caso di necessità, nel muscolo questo non avviene. Mediamente,  l’apparato muscolare contiene circa 400 gr di glicogeno. Il glicogeno sintasi (GS) è l’enzima che regola la concentrazione di glicogeno muscolare.

Le ricerche scientifiche

In uno studio scientifico, nove uomini sani sono stati sottoposti ad un carico di lavoro che prevedeva l’estensione di una sola gamba (alla leg extension) per un’ora, all’  80% del picco di potenza precedentemente calcolato. Ogni 10 minuti, i soggetti eseguivano l’esercizio per 5 minuti al 90% del picco di potenza. L’esercizio terminava quando non erano più in grado di resistere a  4 minuti di esercizio continuato al 60% del picco di potenza.

Al termine della esercitazione, i soggetti consumavano  una dieta ricca di carboidrati per tutti i 5 giorni di test.

risultati

La gamba tenuta a riposo aveva mantenuto intatto il contenuto di glicogeno muscolare che è pari a circa 1,5 g/ 100 grammi di muscolo. La gamba allenata fino all’esaurimento, registrava una deplezione importante di glicogeno nelle 24 ore successive alla fine del test.

Al giorno 2, ovvero dopo 48 ore dalla fine dell’esercizio, il glicogeno nella gamba allenata si era normalizzato e quindi era tornato ai livelli di partenza. Il giorno 5, dopo avere consumato elevati quantitativi di carboidrati, si registrava una supercompensazione delle riserve di glicogeno muscolare fino a circa 4 g / 100 grammi di muscolo. Lo studio scientifico ha dimostrato che l’esercizio esaustivo,  induce un forte aumento della capacità di assorbimento del glucosio nel muscolo.

Come funziona il ripristino del glicogeno?

Il ripristino del glicogeno muscolare utilizzato dopo un esercizio esaustivo, è regolato da un meccanismo di Feedback tale per cui la sintesi del glicogeno dovrebbe arrestarsi  una volta raggiunto il livello di partenza che è di circa 1,5 g ogni 100 grammi di muscolo.

Ho usato volutamente il condizionale perché il ripristino delle scorte del glicogeno muscolare sono soggette alla supercomepensazione, cioè superano il livello iniziale. Questo avviene avviene per effetto dell’azione dei seguenti fattori:

  1. durante l’esecuzione dell’esercizio esaustivo, viene attivata l’AMPK muscolare che rappresenta il sensore del carburante cellulare. Essa è coinvolta soprattutto nella captazione del glucosio nella cellula, nella beta-ossidazione degli acidi grassi e nella genesi del Glut-4. L’AMPK aumenta in quando i livelli di ATP si abbassano durante l’esercizio fisico.
  2. l’esercizio esaustivo provoca una marcata sovra-regolazione delle proteine coinvolte nella captazione del glucosio muscolare (Glut1, Glut4).

In altre parole significa che l’organismo mette in atto una serie di adattamenti per captare con maggiore efficienza il glucosio che transita nel sangue (in seguito al consumo di carboidrati), per trasformalo in glicogeno all’interno delle cellule muscolari.

E’ curioso notare che la supercompensazione del glicogeno muscolare non consiste nell’aumento del numero di particelle dei granuli di glicogeno, ma si traduce nell’aumento delle dimensioni di quelle particelle già esistenti. L’enzima che controlla la velocità di sintesi del glicogeno come detto prima è il GS, che rimane attivato dal giorno 2 al giorno 5 dopo l’esecuzione dell’esercizio che ha utilizzato le scorte di glicogeno muscolare.

Avrai certamente intuito il potenziale valore di queste informazioni per programmare una supercompensazione di glicogeno muscolare prima di una gara di resistenza.

Adesso che abbiamo chiarito, studi scientifici alla mano, che esiste la possibilità di immagazzinare molta più energia per le tue gare di resistenza, entriamo nel dettaglio per definire i 2 fattori che ti permetteranno di raggiungere la completa supercompensazione del glicogeno:

  1. Quando e quali carboidrati assumere durante il periodo di restauro
  2. Il tipo di esercizio svolto fino all’esaurimento.

1 – I tempi giusti per consumare i carboidrati

Dal grafico a fianco, puoi subito notare che la quantità di glicogeno muscolare che si riesce a ricostruire subito dopo l’esercizio è minima.

Il 60% del glicogeno viene recuperato dopo le prime 10 ore del periodo di restauro. Il 100% delle scorte iniziali richiede un elevato consumo di carboidrati ed avviene dopo circa 46 ore dalla fine dell’esercizio. Se non vengono assunti elevate quantità di carboidrati, i tempi di recupero si allungano fino a 5 giorni.

Nelle prime 24 ore inoltre, non sembra ci sia differenza tra assumere carboidrati semplici o complessi. Viceversa, dopo le prime 24 ore, assumere carboidrati complessi accelera il processo di recupero del glicogeno.

Ricordati che il glicogeno muscolare è il solo combustibile per la glicolisi anaerobica ed è quello principale per il meccanismo energetico aerobico. E’ stato dimostrato inoltre che, quando le riserve di glicogeno in un muscolo sono scarse e stanno per esaurirsi, il muscolo si affatica nonostante ci siano le scorte di grasso come combustibile ancora disponibili.

2 – La supercompensazione cambia a seconda del tipo di esercizio.

I tempi di ripristino delle scorte del glicogeno sono fortemente influenzati dal tipo di esercizio svolto.

La dinamica della curva della supercompensazione descritta nel grafico sopra, cambia notevolmente se l’esercizio che ha esaurito le scorte di glicogeno è di tipo intermittente ad alta intensità.

Le principali differenze rispetto alla supercompensazione che avviene dopo un esercizio esaustivo continuo sono:

  • Un notevole quantitativo di glicogeno muscolare è sintetizzato entro le prime 2 ore dalla fine dell’esercizio intermittente e senza la necessità di assumere molti carboidrati.
  • Il ripristino dei livelli basali non richiede il consumo di carboidrati superiore alla normale dieta e si completa intorno alle 24 ore successive alla fine dell’esercizio.

Il quantitativo di glicogeno che viene immagazzinato nel muscolo scheletrico può raggiungere valori molto superiori a quelli normali.

Consigli pratici per la tua migliore prestazione di sempre

Bene, sei arrivato a leggere l’articolo fino a questo punto e questo vuol dire che ti sei guadagnato finalmente i consigli pratici per migliorare la tua performance

La parte pratica dell’articolo che stai leggendo consiste nel  combinare dieta ed allenamento. Un nutrizionista sportivo saprà certamente che esistono almeno 3 metodi per promuovere la supercompensazione del glicogeno muscolare.

  1. Il primo metodo consiste nel semplice aumento del consumo di carboidrati per 3 o 4 giorni consecutivi avendo l’accortezza di non eseguire allenamenti pesanti durante tale periodo.
  1. Il secondo metodo consiste nello “svuotare” i muscoli nei quali si vuole che abbia luogo la supercompensazione, attraverso allenamenti estenuanti. Successivamente dovrai fare il carico di carboidrati come al punto uno. Questo semplicissimo metodo ti permetterà di raddoppiare le scorte di glicogeno muscolare.
  1. Il terzo metodo è quello più efficiente ma è anche un po’ più rischioso. Si tratta di eseguire allenamenti estenuanti nei 3 giorni durante i quali dovrai consumare una dieta ricca di proteine e grassi. Seguiranno 3 giorni di allenamenti blandi con una dieta ricchissima di carboidrati. Questo procedimento farà triplicare le riserve di glicogeno nei muscoli oggetto dell’allenamento.

Leggi anche: LA SOGLIA ANAEROBICA: METODI DI CALCOLO E TABELLE DI ALLENAMENTO

Le critiche alla pratica della supercompensazione

Sono state mosse diverse critiche in merito a quest’ultimo metodo della supercompesazione del glicogeno.

  • Prima tra tutte c’è il rischio che si corre nell’eseguire esercizi estenuanti senza carboidrati ed in condizioni di fatica e quindi con scarsa energia.
  • Inoltre l’assunzione di molti carboidrati dopo i 3 giorni di duro allenamento, potrebbe provocare un’insufficienza di niacina. La niacina è un coenzima coinvolto nel sistema energetico aerobico. Infatti alcuni studiosi hanno ipotizzato che questa condizione potrebbe trasformarsi in un decremento della potenza aerobica del soggetto.
  • Un’ultima critica mossa al metodo più consistente per supercompensare il glicogeno, è che questo comporterebbe un aumento di peso di circa 2 kg. Questo potrebbe provocare una sensazione di disagio, di poca scioltezza ed efficienza muscolare con la possibilità di subìre anche dei crampi.

Il mio consiglio è di non fare abuso della manipolazione alimentare per supercompensare il glicogeno.

Mi riferisco soprattutto al terzo metodo. Ti basterà consumare una dieta mista nei 3 giorni iniziali della settimana con almeno un allenamento estenuante per consumare tutto il glicogeno muscolare per esempio negli arti inferiori.

Eseguire sedute di allenamento meno intenso nei successivi 3 giorni, assumendo grandi quantità di carboidrati. Il giorno 7, il giorno della tua gara, avrai una performance stupefacente.

Grazie per il tempo che hai dedicato alla lettura di questo articolo e se pensi che ti sia stato utile, lascia un commento sotto, è molto importante per me.

Fonti dell’articolo:

  • Fox Bowers Foss: le basi fisiologiche dell’educazione fisica e dello sport.
  • Scienza e Sport – n. luglio/settembre 2015 – “ la supercompensazione e le sue falsità” di Enrico Arcelli.
  • Meccanismi molecolari indotti dall’esercizio che promuovono la supercompensazione del glicogeno nel muscolo scheletrico umano: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6158101/#bib51

 

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